Un Picasso firmato due volte / A Picasso signed twice

Il 2023, l’anno del cinquantenario della morte di Picasso, volge al termine e credo opportuno celebrarlo con una scoperta che avrei reso pubblica all’inizio dell’annata commemorativa se motivi legati alla proprietà non mi avessero suggerito di procrastinare la notizia.

Si tratta del rinvenimento di un dipinto del maestro spagnolo – finora inedito e visto solo da poche persone addette ai lavori – che ho avuto modo di conoscere in una collezione privata collateralmente alla mia attività di studioso di arte antica. Consapevole che l’attribuzione a un nome così altisonante è materia da specialisti di arte moderna e soprattutto dell’artista, e che in particolare, nel caso di Picasso, ci si può avvalere anche del parere di una fondazione di famiglia dedicata al compito, avrei soprasseduto e tenuto in archivio le informazioni, rinunciando alle prerogative di studioso d’arte o almeno derogando dai doveri di cronaca e lasciando che la critica picassiana facesse in futuro ed eventualmente il suo corso (ma forse lo farà dopo questa presentazione, che naturalmente non può avere che lo status di una proposta agli esperti), se il quadro in questione non si fosse, come dire, raccomandato da sé, nel senso che la sua autografia non è basata su confronti stilistici, sulla provenienza e sulle analisi scientifiche, fattori peraltro presenti (e li vedremo brevemente), ma sulla circostanza che il dipinto è… firmato due volte dall’autore, cioè proprio Picasso! Una prima volta nel 1903, quando è stato eseguito, e una seconda volta nel 1970, quando il proprietario del tempo ha richiesto al maestro una conferma a scanso di equivoci, visti gli stratosferici valori che le opere picassiane avevano (e hanno) raggiunto, con il conseguente problema delle attribuzioni incerte o controverse.

Il dipinto è la Maternità con brocca rossa (titolo originale: Maternité au cruche rouge, olio su tela, fissata su cartone rigido, cm 74 x 52, Zurigo, collezione privata), lavoro del cosiddetto periodo blu, realizzato (probabilmente a Barcellona) nel 1903 da Picasso, che appunto lo datò e firmò in basso a sinistra. Ma ovviamente una firma può essere contraffatta (il che sarebbe accertabile con una perizia calligrafica) e potrebbe trattarsi di un falso. Ma come detto vi è apposta una seconda data autografa (“10-2-1970”) che sta a conferma della prima, consolidandone la veridicità, soprattutto se abbinata a una fotografia del quadro recante sul retro una dichiarazione a firma di Picasso che recita “Oui. Ce tableau est de moi. Picasso. 10, 2, 1970” (si noti la stessa data presente sul quadro e sulla fotografia). Se poi si avesse ancora qualche dubbio, magari ventilando che anche questa fotografia possa essere artefatta, esiste il documento di un notaio che in data 11 febbraio 1970 (quindi il giorno successivo a quello dell’apposizione della firma sulla foto), nell’ambito di un evento alla “Galerie Cézanne” di Cannes, frequentata da Picasso, e raccontato dai giornali dell’epoca, dichiara: “J’atteste que le tableau qui se trouve reproduit sur cette photographie représentant une jeune femme tenant un enfant dans ses bras, au premiere plan une cruche en grès rouge, cruche qui figure sur plusieurs tableaux de cette époque A ETE SIGNE ET DATE DEUX FOIS A CANNES le 10 février 1970 par le Maitre: PABLO RUIZ PICASSO, qui par ailleurs a accepté de rédiger un certificat sur photographie”. 

Detto ciò si dovrebbe stare tranquilli, perché i casi sono due: o tutto questo è frutto di una ingegnosa macchinazione ordita nel 1970 utilizzando un dipinto di stile picassiano abbinandovi una serie di dichiarazioni scritte fasulle (intrigo, anzi truffa, facilmente smascherabile dallo stesso Picasso che era ancora vivo e ben attivo - e residente proprio nei dintorni di Cannes!), oppure tutto quanto si è descritto e argomentato è vero e allora l’opera è di Picasso, indipendentemente da qualsiasi giudizio storico-critico-tecnico, perché ce lo dice lui stesso davanti a un notaio. Punto.

Non sottovalutiamo però gli altri elementi strettamente artistici.

Sul versante formale, il dipinto a mio giudizio si ricollega al famoso quadro dei Poveri il riva al mare della National Gallery of Art di Washington[1], anch’esso del 1903, che mostra la stessa modella, o almeno la stessa immagine di donna, il cui profilo è praticamente sovrapponibile, inducendo quasi a pensare che i due dipinti siano stati prodotti in contemporanea, rientrando comunque in quella fase nella quale, come scrive il biografo Roland Penrose[2], “abbondano i quadri dei bambini. Picasso ha sempre mostrato una viva simpatia per i bambini di ogni età, a cominciare dal lattante al seno materno che lo riempie di commosso stupore. Questo suo amore sembra non essere stato mai sentito come in questo periodo, in cui gli altri temi per lui assillanti erano la povertà, la malattia e la deformità”, senza contare che negli anni immediatamente precedenti si era cimentato in diverse variazioni sul tema della maternità (è peraltro dello stesso 1903 la Madre con bambino malato del Museo Picasso di Barcellona[3]). Potrebbe pertanto rientrare in quella cinquantina di opere licenziate nel giro di poco più di un anno a partire dal gennaio 1903, periodo considerato uno dei più fecondi[4].

Riguardo la brocca che si staglia in primo piano, essa è la medesima di un’altra celebre opera del 1903, il Pasto del cieco, oggi al Metropolitan Museum of Art di New York[5], dunque una specie di oggetto di scena adoperato per più composizioni dello stesso momento o periodo.

Sono raffronti immediati che certo devono aver contribuito allo studio di autenticazione del dipinto redatto nel 1975 da uno specialista del periodo giovanile di Picasso come Josep Palau i Fabre, il quale si è confermato nel 1997 (questo documento e tutti gli altri citati nel presente articolo mi sono stati forniti dalla proprietà), incontrando il favore di altri studiosi quali Enric Jardi (Barcellona, 1996), Antonio Cobos Soto (1997) e José Luis Morales y Marin (Madrid, 1997).

Vi è poi una lettera che davvero, come si suol dire, pare tagliare la testa al toro, ratificando l’attribuzione dal punto di vista tanto storico quanto stilistico. È stata redatta il 30 maggio 1991 da John Rewald, l’autorevole storico di arte moderna e dell’impressionismo. Rivolgendosi al “Signor Soriano”, allora proprietario del dipinto, e dopo aver precisamente descritto nelle misure e nell’iconografia la tela, da lui vista presso un suo amico grazie alla disponibiltà di un collaboratore, egli nota che “El cuardo esta firmado y datado por dos fechas diferentes abajo y a la izquierda, siendo de 1903 y del 10-2-70. La firma del artista se encuentra entre las dos fechas”, e conclude affermando che “Esta obra es sin duda alguna, propia de Picasso; el qual ha dado la focha de la firma y de su creacion en 1903. El cuadro esta en excelente estado, sin repintura aparente”. Lo studioso è tanto entusiasta di questa opera “senza dubbio alcuno propria di Picasso” che giunge al punto di chiedere al proprietario che “Se si decide la venta, sea tan amable de hacermelo saber y a que tengo un amigo que busca una obra de la époque azul”. Non sappiamo se fu poi questo “amigo” che acquistò la Maternité, la quale comunque passò sei anni dopo, nel 1997, all’attuale proprietario dalla Galleria Wirth di La Chaux-de-Fond (Neuchâtel) nella Svizzera francese. In precedenza essa si trovava nella collezione di Manuel (detto Manolo) Hugué a Barcellona – ubicazione oltremodo significativa coinvolgendo un amico carissimo del giovane Picasso[6], che verosimilmente gliene fece subito dono e che ritrasse l’anno dopo a Parigi in un disegno acquerellato –, da cui andò in quella di Francisco Portela nella stessa città e in quella, poc’anzi citata da Rewald, di Miguel Soriano a Madrid.         

Gli esami scientifici[7] hanno rivelato che l’opera è forse stata eseguita su una tela riciclata, come in altri dipinti di Picasso, poiché, sebbene non siano stati evidenziati “pentimenti”, è stato individuato uno strato cromatico sottostante che non coincide con i colori a vista, colori ottenuti con pigmenti tutti usati agli inizi del Novecento e compatibili con la tavolozza del maestro. Ugualmente la tipologia delle pennellate, alcune sottili e altre più corpose, si ritrovano in altri dipinti del periodo blu.   

 

[1] Cfr. P. Lecaldano, L’opera completa di Picasso Blu e Rosa, Milano, 1968, n. 86. Un altro confronto tocca l'Offerta (Toronto, Art Gallery of Ontario) e la Donna rannicchiata con cappuccio e vaso (Stoccarda, Staatsgalerie), entrambi del 1902-1903 e in passato appartenuti a Gertrude Stein.  

[2] R. Penrose, Pablo Picasso. La vita e l’opera, Torino, 1969, p. 125 (ed. ingl. London, 1958).

[3] Cfr. Museo Picasso, Catálogo I, Barcellona, 1971, p. 38.

[4] Vedi W. Rubin (a cura di), Pablo Picasso. Una retrospettiva, Catalogo della mostra (New York, The Museum of Modern Art, maggio-settembre 1980), Milano, 1980, p. 47.

[5] Si veda Lecaldano, op. cit., 1968, n. 94.

[6] Vedi Penrose, op. cit., 1969, p. 136, e P. O’Brian, Picasso. Una biografia, Milano, 1989, pp. 144-45 (ed. ingl. 1976). Sull’attività giovanile di Picasso si veda anche il contributo di Theodore Reff in Golding J., Penrose R. (a cura di), Picasso 1881-1973, Barcellona, 1974, pp. 11-48 (con in appendice proprio uno scritto di Manolo Hugué).

[7] Si confronti la relazione di Libby Sheldon, History of Art Department, University College, Londra, febbraio 2002.

 

 

English translation (abstract)

 

2023, the year of the fiftieth anniversary of Picasso's death, is coming to an end and I think it is appropriate to celebrate it with a discovery that I would have made public at the beginning of the commemorative year if reasons related to ownership had not suggested me to postpone the news.

This is the discovery of a painting by the Spanish master - previously unpublished and seen only by a few people involved in the work - which I had the opportunity to discover in a private collection alongside my activity as a scholar of ancient art.

Aware that the attribution to such a high-sounding name is a matter for specialists in modern art and above all in the artist, and that in particular, in the case of Picasso, one can also make use of the opinion of a family foundation dedicated to the task, I would have overlooked and kept the information in the archive, renouncing the prerogatives of an art scholar or at least derogating from reporting duties and leaving Picasso criticism to take its course in the future and eventually (but perhaps it will do so after this presentation, which naturally has the status of a proposal to the experts), if the painting in question had not, so to speak, recommended itself, in the sense that its authorship is not based on stylistic comparisons, provenance and scientific analyses, factors which are also present (and we will see them briefly), but on the fact that the painting is... signed twice by the author, that is, Picasso himself!

A first time in 1903, when it was performed, and a second time in 1970, when the owner of the time asked the master for confirmation to avoid misunderstandings, given the stratospheric values that Picasso's works had (and have) reached, with the resulting problem of uncertain or controversial attributions.

The painting is Maternity with a red jug (original title: Maternité au cruche rouge, oil on canvas, fixed on rigid cardboard, 74 x 52 cm, Zurich, private collection), a work from the so-called blue period, created (probably in Barcelona) in 1903 by Picasso, who dated it and signed it at the bottom left.

But obviously a signature can be forged (which could be ascertained with a handwriting expertise) and it could be a forgery. But as mentioned, there is a second autograph date ("10-2-1970") which confirms the first, consolidating its veracity, especially if combined with a photograph of the painting bearing on the back a statement signed by Picasso which reads "Oui. This tableau est de moi. Picasso. 10, 2, 1970” (note the same date on the painting and the photograph). If you still had any doubts, perhaps suggesting that this photograph could also be a fake, there is a document from a notary who dated 11 February 1970 (therefore the day following the signing of the photo), as part of an event at the “Galerie Cézanne” in Cannes, frequented by Picasso, and reported by the newspapers of the time.

Having said this, one should rest assured, because there are two cases: either all this is the result of an ingenious scheme hatched in 1970 using a Picasso-style painting combined with a series of false written declarations (intrigue, or rather scam, easily unmasked by Picasso himself who he was still alive and very active!), or everything described and argued is true and then the work is by Picasso, independently of any historical-critical-technical judgement, because he tells us so himself in front of a notary. Point.

However, let's not underestimate the other strictly artistic elements.

On the formal side, in my opinion the painting is linked to the famous painting of the Poor on the Seashore in the National Gallery of Art in Washington, also from 1903, which shows the same model, or at least the same image of a woman, whose profile is practically superimposable, almost leading one to think that the two paintings were produced at the same time.

It could therefore be part of the fifty works licensed in the space of just over a year starting from January 1903, a period considered one of the most fruitful.

Regarding the jug that stands out in the foreground, it is the same as another famous work from 1903, the Blind Man's Meal, now at the Metropolitan Museum of Art in New York, therefore a kind of prop used for several compositions of the same time or period.

These are immediate comparisons which certainly must have contributed to the authentication study of the painting drawn up in 1975 by a specialist of Picasso's youthful period such as Josep Palau i Fabre, who was confirmed in 1997.

Then there is a letter to the owner, Mr Soriano, which really, as they say, seems to cut it short, ratifying the attribution from both a historical and stylistic point of view. It was written on May 30, 1991 by John Rewald, the authoritative historian of modern art and impressionism. The scholar is so enthusiastic about this work "undoubtedly Picasso's own" that he goes so far as to ask the owner that "If you decide to go, you are so lovely to know and I have a friend who is looking for a work from the era blue”.

We do not know if it was this "amigo" who purchased the Maternité, which however passed six years later, in 1997, to the current owner from the Wirth Gallery in La Chaux-de-Fond (Neuchâtel) in French Switzerland. Previously it was in the collection of Manuel (known as Manolo) Hugué in Barcelona - an extremely significant location involving a very dear friend of the young Picasso, who probably immediately gave it to him as a gift and which he portrayed the following year in Paris in a watercolor drawing -, from which went to that of Francisco Portela in the same city and to that, just mentioned by Rewald, of Miguel Soriano in Madrid.

Scientific examinations have revealed that the work was perhaps executed on a recycled canvas, as in other paintings by Picasso, since, although no "repentances" were highlighted, an underlying chromatic layer was identified which does not coincide with the colors in view, colors obtained with pigments all used at the beginning of the twentieth century and compatible with the master's palette. Likewise, the typology of brushstrokes, some thin and others more substantial, are found in other paintings of the blue period.